HO SCOPERTO L’AMERICA…… ed era solo una torre di anelli

È un arcobaleno. Il primo anno di una neomamma è un arcobaleno: le emozioni si attraversano in gamma dal rosso al violetto senza trascurare l’indaco. Prima della tempesta splende il sole di sogni e passeggiate in carrozzina, dopo la brezza del vagito melodioso si scatena l’uragano inconsolabile, spesso notturno.
Ma il primo anno di una neomamma resta un arcobaleno. E forse sarà così per tutti gli anni a venire. O forse ancora arriverà il momento in cui i pulli spiccheranno il volo e tutto si acquieterà in un nuovo equilibrio.
Il motivo per cui vale la pena di attraversare il perpetuo cambiamento è presto detto.
Ci sono una serie più o meno ordinata e più o meno definita di cambiamenti che bebè e mamma devono per forza affrontare nel primo anno di vita: che coinvolgano o meno più o meno familiari o caregiver, il fatto è che è la madre la figura più presente a questi passaggi. Tra poppate e nottate, pappette e paperette da bagno, scorrono le sillabe le paroline e i piccoli passi. Annusandosi si impara tutto quel che serve: conoscersi e conoscere il mondo è la missione primaria del neoarrivato e tutto ciò che per noi è scontata routine per il cucciolo è novità potente ed entusiasmante. O terrificante, dipende; ma la mamma e il papà restano porto sicuro da cui partire e a cui ritornare nelle esplorazioni avventurose.
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ROBERTINO E LA PAURA DEL BUIO

Quella di oggi è una notte scura, scura. Non ci sono stelle nel cielo. È l’ora di andare a fare la nanna per Robertino; lui è davvero un bimbo coraggioso. Non vuole che la mamma gli si sieda accanto per addormentarsi; gli basto io che sono un Bigliettino Giallo e per farlo stare bene cerco di splendere più che posso. Di solito lasciamo che la luce della luna e delle stelle entrino in camera e lui si sente subito al sicuro.
Robertino ha un po’ paura del buio, ma non vuole che altri lo sappiano; lo ha detto solo a me. Anche io ho un po’ paura del buio, ma non posso confidarglielo; lui conta su di me.
Guardo il cielo dalla finestra in cerca della luna, ma c’è una grossa nuvola che la copre. E le stelle dove sono finite? Se ne stanno nascoste quelle sfaticate oggi! Come faremo ad addormentarci io e Robertino? Mi stendo nel letto insieme a lui e cerco di abbracciarlo forte, forte. Forse così riuscirà a dormire meglio.
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Le porte del mito di Maria Grazia Ciani

Le porte del mito di Maria Grazia Ciani
Le sette porte di Tebe, le porte di Atene, le porte dell’Ade. In mezzo un percorso che si snoda tra eroi e miti, tradizioni e rivisitazioni, letture e riscritture. Dai più noti Achille e Odisseo, passando per il silenzio su Palamede, poi Arianna e poi ancora Euridice: storie immortali di Greci che amano la vita più di ogni altra cosa, anche più della bella morte; storie destinate a vivere per sempre e a far parlare attraverso di sé l’uomo di ogni tempo.
Maria Grazia Ciani prova a raccontare tutto questo stando sulla soglia di una lingua, il greco, che non si lascia afferrare. Lei sta sulla soglia e alle soglie del suo libretto pone un capitolo dedicato alla complessità di questa meravigliosa lingua, come a dire che si entra in questo mondo solo attraversandone la complessità, solo accettando di non capire sempre tutto. Forse non a caso la chiusura spetta alla storia di Orfeo ed Euridice, la storia di una porta che non si può più varcare, la storia di un’arte che solamente si illude di vincere il vincolo della porta eterna.
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ABBRACCIATI ALL’ARCOBALENO

All’inizio sei convinto di guardare un’immagine ritoccata da qualche programma grafico, da tanto è bello e pure strano credere a quello che vedi, invece la magia è tutta naturale, nessun artificio.
A volte la realtà supera l’immaginazione e Madre Natura si conferma medaglia d’oro nella creazione di capolavori inimitabili. Di cosa stiamo parlando?
Chiudete gli occhi e immaginate di poter abbracciare un arcobaleno.
Si beh, detto così viene da alzare la testa verso il cielo e pensare che no; non è una cosa fattibile, a meno che non ci trovassimo in una particolare foresta dell’emisfero boreale e cambiassimo completamente idea, fermandoci a guardare un albero.
Il suo nome è Eucalyptus Deglupta, comunemente chiamato eucalipto arcobaleno. Cresce nelle Filippine, in Indonesia e alle Hawaii, può raggiungere i 70 metri d’altezza e crescere fino a 2 metri di diametro.
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Acqua

Acqua

E si sta nuovamente
nella pancia del mondo,
che gira e non molla
la presa sul mio volto.
Ti fisso a fondo
mentre afferri il mio sentire
e lo ribalti con forza
fino alle viscere del tempo.
Dove sono stato
è solo un attimo ai più nascosto,
nessun luogo mormora il mio nome
nessun momento misura il mio passo.
Così io sono.
Infinito mare.

Alberto Pagotto

Il gatto del Dalai Lama e l’arte di fare le fusa (di David Michie)

Il suo nome è Rinpoche che nella lingua tibetana significa “prezioso”, “di grande valore”, un nome decisamente importante per un felino, specialmente se si tratta della gatta di Sua Santità il Dalai Lama.
Tutti si prendono cura di lei e si assicurano che non gli manchi nulla, vive negli appartamenti privati di SS e con lui condivide le giornate, ne ascolta le riflessioni, lo osserva nei momenti di contemplazione.
Nel pieno rispetto della sua natura riesce sempre a sgattaiolare fuori dalle mura del monastero per girovagare indisturbata nei dintorni e per intrufolarsi all’ Himalaya Book Café ad osservare gli ospiti che lo frequentano.
Prima di partire per un viaggio che lo porterà all’estero, il Dalai Lama la saluta dandole un compito preciso: in sua assenza dovrà cercare di capire perché i gatti facciano le fusa, in sostanza qual è il segreto della felicità. Continua a leggere “Il gatto del Dalai Lama e l’arte di fare le fusa (di David Michie)”

La contabilità degli affetti

Poche cose sono sgradevoli come sentirsi dire: “Sono in debito”.

Se un dono nasce dal cuore, da una pulsione spontanea che ci fa sentire bene, trovarsi calati subito nella contabilità degli affetti è fastidioso. “Sdebitarsi” è un verbo fintamente riflessivo. La sensazione di doversi liberare di un debito infatti non nasce mai da una riflessione quanto da un condizionamento automatico, familiare e sociale, che impone che ad ogni favore ricevuto debba corrispondere un favore di pari peso, economico o emotivo che sia. Quando pensiamo che è sempre un “dovere” restituire quanto ricevuto, non teniamo conto del fatto che l’amicizia, in realtà, è una concatenazione continua e piacevolissima di gesti e di attenzioni impagabili, un conto che è bene che rimanga aperto. Continua a leggere “La contabilità degli affetti”

A tutto volume….Tre cose (Malika Ayane)

A tutto volume è la rubrica musicale della Gazzetta del Sole.
Questo lunedì a scegliere la canzone da pubblicare è Elisa che si avvale della candidatura di una splendida voce, quella di Malika Ayane.
Non solo una voce cristallina ma anche dei testi ricercati.


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Second life

Portare il pane casa per casa era una delle cose che mi piaceva di più quando ero bambina: salivo sul furgone di mamma e papà che avevano, nella mattinata, ben tre giri famiglia per famiglia da fare.
La cosa che più mi entusiasmava era il meticoloso “ordine di uscita” (passatemi il termine) con cui la mamma ordinava i sacchetti nelle ceste che caricavamo. La cosa stupenda era che quelle ceste erano come il quadro astratto di qualche pittore. Ogni famiglia infatti aveva il suo sacchetto: alcuni erano a quadretti, altri tinta unita, a righe, a fiori e la mamma sapeva esattamente su quale balcone dovevi lasciarli perché, una volta lì, ne avevi un altro identico da ritirare. Ogni giorno, ogni anno, fino a che, logorati dai lavaggi e dopo aver onorato il loro compito, venivano sostituiti o dalla stessa o da una nuova sgargiante fantasia. Continua a leggere “Second life”

Io cammino da sola di Alessandra Beltrame

Questo per me era uno degli incompiuti: li chiamo così i libri che inizio a leggere e poi per qualche motivo abbandono sul comodino prima di averli finiti, in attesa di decidere se continuare o passare oltre.
Dopo un po’ di tempo ho deciso di rileggerlo ricominciando da capo e ho capito che la prima volta non lo avevo capito: mi sembrava totalmente diverso, ero io a essere diversa; questa volta l’ho trovato molto interessante.
Alessandra è una donna che all’apparenza sembra avere tutto: una carriera avviata, una buona posizione economica, la sua indipendenza; eppure decide di mettersi in gioco lasciando tutto ciò che ha per iniziare la ricerca di qualcosa che le manca, che sente sfuggente: la felicità e la piena realizzazione di se stessa.
Quasi per caso inizia a camminare insieme ad un gruppo, con lo scopo di evadere dalla quotidianità e dal ritmo frenetico della città, immergersi nella natura e schiarirsi le idee. Continua a leggere “Io cammino da sola di Alessandra Beltrame”

Guerre e battaglie in un dizionario dei sinonimi e contrari.

Ma quanto sono belle le parole?
Le ascoltate mai quando le pronunciate, ci fate mai attenzione quando le leggete?
Le parole sono come un cioccolatino: oltre ad essere buono può essere anche bello da vedere, può essere incartato in maniera fine, così che a volte succede che sia meglio la confezione del prodotto.
Alle elementari ho passato giornate a pronunciare Guadalquivir: il nome di questo fiume spagnolo mi sembrava così affascinante, sembrava quasi il nome di un cocktail delizioso: “Cosa prende?”, “Salve, un Guadalquivir, grazie!”
Al contrario c’erano anche il Dnepr ed il Dnestr, sti due fiumi infiniti che spaccano a metà l’Europa e che non sapevo mai come pronunciare davanti alla maestra che mi aspettava al varco. Nomi duri, croccanti, come a voler chiarire da subito che loro non avevano l’andazzo di quei latini occidentali: loro erano rigorosi e ligi alle regole. Continua a leggere “Guerre e battaglie in un dizionario dei sinonimi e contrari.”

VITA

Vorrei una vita normale: la vorrei spensierata, allegra, giocosa, furba, emozionante, adrenalinica; la vorrei forte, piena di sapori, colori, suoni, piena di istanti da vivere, salite da affrontare e vette da scalare, piena di ruzzoloni e di cadute, piena di calore, piena di particolari da osservare e di gente da incontrare, piena d’amore e di gioia e, perché no anche, in piccola parte, di dispiaceri e dolore.
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Lo Stralisco di Roberto Piumini

“Non c’è una sola strada al mondo”

Nell’antica Turchia un pittore viene chiamato da un signore delle terre del Nord per affrescare le stanze del suo bambino che, colpito da una strana malattia, non può vivere all’aria aperta. Il pittore si mette al lavoro: dipinge prima le montagne, poi il mare verde e azzurro, poi un prato nelle sue diverse stagioni. Tra le erbe del prato c’è anche una pianta mai vista: lo stralisco, che ha spighe simili a quelle del grano, ma è una pianta-lucciola, che splende nelle notti serene. Tra il pittore e il bambino si sviluppa rapidamente una meravigliosa amicizia: le immagini che vanno a ricoprire le pareti e il soffitto di quelle stanze nascono da un dialogo sempre più intenso. Il mondo parlato e dipinto non è meno vero ed entusiasmante, con tutte le sue storie e i suoi colori, di quello che comincia oltre le finestre sigillate della casa
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Chiacchiere con un artista: Giulio Masieri

È una serata di agosto ed ho appuntamento con l’artista degli “animali giganti del quartiere di Torre a Pordenone”.
Giulio è una persona alla mano, semplice, schietto, diretto. Chiacchieriamo come due vecchi amici, pur non conoscendoci.
Quando nasce l’idea degli animali?
Mi risponde sorridendo – Durante il Covid, ero chiuso in casa, sono sceso nei garage del condominio e ho chiesto se potevo fare un disegno. Così è nato “Il gatto” come momento di fuga al lockdown. Ero stanco di tutta quella apprensione e volevo evadere: che cosa poteva essere meglio di un grande animale? Poi ho chiesto alla Associazione Torre se mi trovavano una parete per fare un altro murales ed è nato “Il cane”.
Anche la RAI si è scomodata per te: immaginavi di avere così tanta risonanza?
Sorride nuovamente – Francamente no. Mi hanno contattato anche da Napoli! Ma la cosa più bella è vedere quanti bambini vengono a vederli. Oggi c’era una nonna che mi ha fermato per chiedermi se sapevo dove fosse il condominio con “Il gatto”.
Ridiamo – Non sapeva fossi tu?
No! I bambini li accarezzano, sono curiosi a quella età, mi chiedono come si usano le polveri e io glielo spiego.
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