Il gatto del Dalai Lama e l’arte di fare le fusa (di David Michie)

Il suo nome è Rinpoche che nella lingua tibetana significa “prezioso”, “di grande valore”, un nome decisamente importante per un felino, specialmente se si tratta della gatta di Sua Santità il Dalai Lama.
Tutti si prendono cura di lei e si assicurano che non gli manchi nulla, vive negli appartamenti privati di SS e con lui condivide le giornate, ne ascolta le riflessioni, lo osserva nei momenti di contemplazione.
Nel pieno rispetto della sua natura riesce sempre a sgattaiolare fuori dalle mura del monastero per girovagare indisturbata nei dintorni e per intrufolarsi all’ Himalaya Book Café ad osservare gli ospiti che lo frequentano.
Prima di partire per un viaggio che lo porterà all’estero, il Dalai Lama la saluta dandole un compito preciso: in sua assenza dovrà cercare di capire perché i gatti facciano le fusa, in sostanza qual è il segreto della felicità.
L’impresa non è delle più facili ma Rinpoche, osservatrice attenta e discreta, troverà nella quotidianità delle persone che la circondano e nelle sue esperienze personali le risposte giuste.
Le antiche filosofie orientali e le moderne visioni occidentali si mescolano in questo romanzo assieme all’innata saggezza felina; ne escono alcuni insegnamenti molto validi per gli umani ma non solo.

Un passaggio in particolare mi ha colpito durante questa lettura e vorrei condividerlo qui: “Se desideri la felicità, cerca la felicità altrui. Sostituire il pensare a se stessi con il pensare agli altri: questo è il modo più efficace per essere felice.”

Monia Rossi

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