Nostalgia canaglia

“Nostalgia, nostalgia canaglia…”
Chi, anche tra i più giovani, non è in grado di ricordare a memoria il verso di questo singolo cantato da Al Bano e Romina Power nel lontano 1987?
Sul fatto che la nostalgia sia “canaglia” possiamo essere tutti d’accordo e del resto la canzone stessa ce ne spiega il motivo: “nostalgia, nostalgia canaglia / che ti prende proprio quando non vuoi”. In effetti, sono sufficienti un profumo, il volto di qualcuno che non vedevamo da tempo o il ricordo di una stagione della vita ormai tramontata per essere assaliti da un’opprimente nostalgia, cioè dal desiderio di riappropriarci di qualcosa che è stato nostro e che ora non lo è più.
Per chi ha studiato un po’ di greco al liceo o per chi è semplicemente appassionato di etimologie, non sarà difficile risalire all’origine di questa parola, formata dai termini nóstos, ritorno, e álgos, dolore. Il suo significato è allora presto detto: la nostalgia è il “dolore del ritorno”.
Nonostante il vocabolo sia stato coniato solo alla fine del Seicento, l’afflizione che deriva dalla nostalgia accomuna gli uomini da sempre e, grazie soprattutto alla letteratura, che ha portato il termine fuori dall’ambito medico in cui era nato, oggi ciascuno di noi utilizza la parola “nostalgia” per descrivere quella languida sofferenza che prova nel riconoscere come lontani aspetti della propria esistenza che sa non torneranno mai più.
Nessuno è immune da questo sentimento, ma tale dato di fatto non deve abbatterci, anzi. Provare nostalgia, per quanto ognuno ne faccia esperienza in modo diverso, ci avvicina gli uni agli altri, ci permette di capire che non dobbiamo essere sempre forti, ma che possiamo, per fortuna, mostrarci anche fragili, fallibili. La nostalgia è la prova che tutti abbiamo perso qualcosa e sentiamo il bisogno di richiamarlo alla memoria, ma non esclude che davanti a noi ci sia un dono più grande, un momento più bello da vivere.

Francesca Tamai

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