Tre parole: attacco di panico. Ecco il mostro che mi faceva visita ogni notte da quando avevo circa dieci anni. Una bambina sensibile. Così mi avevano sempre definita. E sì, sensibile lo ero. E lo sono tutt’ora. Ma forse, forse, questa sensibilità non è stata più una condanna. È vero, non mi ha reso la vita facile. Ma l’ha resa e la sta rendendo colorata, variopinta, accesa. Senza sensibilità non capterei le emozioni altrui, non entrerei in empatia con gli altri e non capirei nemmeno me stessa. A volte pensavo che questa mia indole mi rendesse fragile, ma se così non fosse? Ognuno ha le sue peculiarità. Ognuno ha pregi e difetti ma nessuno vale più o meno degli altri. Siamo tutti esseri umani, indipendentemente dal conto in banca, dalla quantità di gioielli, amici o familiari. Indipendentemente dal genere o dalle persone amate. Tutti valgono e tutti hanno un grande potenziale per splendere, nel buio dei tempi odierni. Quando il mondo iniziò a tremare, per me, fu una tragedia. Mi sentivo piccola di fronte ad un mondo così enorme da schiacciarmi, frantumare ogni singolo atomo del mio corpicino. Ma non mi sono lasciata abbattere perché la vita non si ferma dopo un attacco di panico… anche se sembra così. Ho capito tante cose quando sono cresciuta. Ero sola con me stessa quando cadevo nell’incubo più nero e cercavo disperatamente un’ancora di salvataggio. Qualcuno che mi strappasse via dalle sabbie mobili del panico. Ero sola con me stessa e niente mi spaventava di più. Perché io ero il mio incubo peggiore. Ma intrapresi un viaggio. Un tortuoso e arduo percorso che mi portò in luoghi prima inesplorati della mia psiche. Conobbi molto di me stessa, della mia natura e delle mie facoltà. Iniziai a credere che quello che desideravo fosse possibile se solo lo avessi voluto. Se vuoi, puoi. E se non puoi perché qualcosa di più grande di te ti impedisce di andare avanti non rassegnarti e non rinunciare alla dignità dell’esistenza. Si può sorridere anche con la spada di Damocle che pende sopra la propria testa.
Giada Della Libera
