Caro commissario ti scrivo

Cara collega, caro collega,
ho incontrato la tua quinta per pochi giorni e già ho provato il desiderio di conoscerli ancora un poco. Sono arrivata con molte preoccupazioni: documenti da visionare, programmi svolti, chissà su quali testi, oddio anche Pasolini… E poi tutto è tornato come nella mia di quinta: i saluti di rito, i fogli protocollo e il dizionario sul banco. La prima prova, sudatissima, e lunghissima… Chissà come l’avranno fatta? Loro, e i miei… Chissà che traccia avranno scelto, i miei? Il calendario degli orali è stato pubblicato solennemente e solennemente loro si sono presentati: chissà chi glielo avrà detto che dovevano presentarsi in camicia e bianca per di più, perché quando poi son venuti a sentire l’orale degli altri, vestiti secondo lo stile personale, molti han saputo essere anche più belli. Avevo previsto i collegamenti: autori, poesie e quadri; ma loro, i tuoi studenti, han saputo stupirmi: sono riusciti a parlare di un ventaglio di materie che io neanche ricordo di aver fatto, hanno spesso preso la tangente per parlare di ciò che sta loro a cuore piegando e ripiegando lo stimolo da noi proposto; molti con suggestioni originali si sono lasciati provocare e ci hanno spinto tra le pagine del libro ad approfondire ciò che li aveva colpiti di quello che tu hai spiegato. È bizzarro come le materie caratterizzanti possano trasformare i ragazzi: chi ha scelto il posto giusto per far crescere le proprie inclinazioni, fiorisce e sorride alla richiesta di spiegare il proprio progetto; e chi invece nel tempo ha capito che la sua vita prenderà altre strade… Beh, sorride lo stesso e con garbo ascolta ciò che l’esaminatore sottolinea, per l’ennesima volta, come anche tu avresti fatto. Mi piacerebbe sapere che farà Marco, che mi han detto avere parecchi casini in famiglia; e che ne sarà di Giulia, che sa parlare del muro di Berlino anche quando scrive la relazione sul cappottino. Vorrei sapere come mai Andrea ha pensato che Serafino Gubbio fosse uno scrittore, e pagherei per ascoltare i racconti di Giada, che ha scritto un bel tema e non se lo aspettava. Chissà se sono riuscita a valorizzare i loro sforzi e i loro punti di forza, come avresti fatto tu, e chissà se sistemeranno mai la loro punteggiatura come anche tu hai chiesto di fare più volte. È difficile stare al tuo posto, per pochi giorni che però pesano come molti: tu conosci i colleghi e gli studenti, io devo prendere decisioni spesso in solitudine e senza avere tutte le carte in mano. Mi chiedono di valutare solo una prova, che però sogneranno per la vita: è la mia penna a segnare il confine tra incubi e sogni d’oro, ma è tuo l’inchiostro con cui a lungo hanno lavorato. Ho imparato tanto in questi giorni, anche dalle altre materie: ho imparato per esempio che anche una prova diluita nei giorni, come lo scritto di alcune scuole, può avere un senso in chiave di rapporto con il mondo esterno; ho imparato che conoscersi anche tra colleghi è fondamentale e che non è scontato arrivare presto ad una sintonia armonica, ma nemmeno impossibile. Ho imparato, ancora una volta, come se ce ne fosse bisogno, che è per questo motivo che ho scelto questo mestiere: per stupirmi, ogni volta come se fosse la prima, di tutto ciò che di ricco e vivo c’è dentro alla scuola. A te, ai tuoi studenti di oggi e di domani, auguro di saper scorgere e coltivare il talento individuale: insieme a tutte le fragilità personali, sarà questa paziente opera il vero capolavoro. Buona estate, caro collega!
Elisa Parise

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