La città dipinta

Quest’anno lavoro in un istituto tecnico turistico e, un giorno, ho avuto la fortuna di accompagnare una mia classe in uscita a Pordenone che, tra l’altro, sarà capitale della cultura nel 2026! Direte voi, sarcastici: che fortuna accompagnare 21 adolescenti in giro per la città! Eppure è stata una delle uscite più interessanti. Era una giornata grigia e molto fredda che è iniziata al PAFF, il Museo del fumetto: lì ci aspettava una guida che ci ha raccontato qualche curiosità su Pordenone e poi ci ha accompagnati alla scoperta della città. Abbiamo percorso il centro storico e ci siamo soffermati sui meravigliosi palazzi affrescati che si affacciano sul corso. Avrò percorso quella strada mille volte ma non mi sono mai soffermata sui dettagli dei palazzi, il mio sguardo era più rivolto alle vetrine o alla persona con cui camminavo che verso l’alto. Guardare il corso da un’altra prospettiva è stata una sorpresa: i palazzi affrescati nascondono meraviglie e sono veramente tanti. Pensate che in passato Pordenone veniva chiamata urbs picta, la città dipinta, proprio perché tutte le facciate dei palazzi erano decorate e colorate. Nel tempo il colore si è perso ed è stato coperto da strati successivi di intonaco che hanno oscurato il loro fascino. Ora, grazie al lavoro dei restauratori, molti palazzi hanno ritrovato il loro vero colore e, così, possono dare al corso un tocco di eleganza e di luce. La storia di questi palazzi mi ha riportato con la mente a Poffabro, uno dei miei luoghi del cuore, legato alla mia famiglia da sempre. La zia di mio nonno paterno era una nativa di questo bellissimo borgo e viveva in una casa che vicino aveva una stalla: ricordo che, io e mia cugina, ci andavamo a giocare e davamo da mangiare alla capretta che c’era dentro. Con il tempo mio papà ha ereditato quella stalla e, con tanto sacrificio, l’ha resa la nostra casa di montagna. Ricordo anche che andavo ad aiutarlo a fare dei lavori: ho così potuto partecipare a qualcosa di magico. Sistemando un vecchio muro che si stava scrostando emerse del colore e, grattando lo strato di malta, apparvero due bellissimi affreschi: uno rappresentante un conciatore di pelli e uno raffigurante la Madonna della Salute di Gorizia. Si è poi scoperto che a Poffabro nel XVIII-XIX secolo c’era un pittore, Mariza, che decorava i muri delle case. Molti dei suoi dipinti però vennero coperti o perché non gli si dava molta importanza, o perché c’era necessità di sistemare la parete, insomma non era così semplice come togliere un quadro dal muro e così lo si copriva con strati di calce. Pensate a quante meraviglie sono state coperte perché considerate poco importanti, non più necessarie… e noi? Quanti strati ci facciamo passare sopra i nostri colori? Quante cose si nascondono sotto gli strati di grigiore che, a volte, ci ricoprono? Forse, ogni tanto, basterebbe avere il coraggio di grattare la superficie per scoprire qualcosa di magico. Ognuno di noi dentro ha una città dipinta!

Alice Colussi

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