Quando rifletto su qualcosa, mi piace indagarne il significato più profondo. Mi chiedo cosa significhi esattamente, come possa essere interpretato, quali implicazioni comporti. In genere, mi aiuta molto partire dal senso etimologico del termine, un po’ perché i miei studi mi hanno portato a dare molta attenzione alle parole che usiamo, un po’ perché credo fermamente che non siano nate per caso; c’è una certa arbitrarietà nel chiamare “porta” e non “divano” ciò che usiamo per aprire delle stanze, ma certi termini più di altri hanno in sé il significato del concetto a cui li associamo. Un esempio è la parola che accompagna, sempre o quasi, l’inizio di un nuovo anno (e spesso, a dirla tutta, anche settembre, altro mese deputato ai cambiamenti): propositi.
“Proposito” è letteralmente “ciò che è posto innanzi”. In pratica, ciò che decidiamo di darci come priorità quando sentiamo aria di rivoluzione nelle nostre vite. A molti quella dei buoni propositi appare ormai un’operazione banale o automatica, un’occupazione cui dedicarsi più per abitudine che per reale volontà di mettere in pratica quelle intenzioni. Tuttavia, pensare a ciò che desideriamo mettere davanti a tutto il resto non è per nulla semplice.
E io, che propositi ho?
Scrivo questo articolo in una sera particolare, in cui è appena venuta al mondo una nuova vita e sento che i miracoli possono succedere davvero, che il bene sa farsi strada in mezzo al nostro buio.
Per questo nuovo anno, mi auguro solo di saper essere più gentile, verso me stessa e verso gli altri. Che, alla fine, tutto quello che conta e l’unica cosa che dovremmo “mettere davanti” è l’amore. Amare noi stessi e gli altri, dandoci e sapendo dare quella pacca sulla spalla che significa “vai bene così, mi importa di te, tu sei importante”. Nulla di più.
Buon anno nuovo!

Francesca Tamai