Se la felicità ha un nome, urlalo

Che strano, oggi è stato veramente così strano trovarsi in quel grande letto, ancora una volta come cento altre volte di un tempo ormai lontanissimo, alzare le lenzuola e appiattirsi il più possibile prima di ricoprirsi nuovamente con il lenzuolo e restare immobile, fermo ad aspettare, come quando il lettone grande era un castello da conquistare, come quando in silenzio aspettavo che tu arrivassi a cercarmi ed ero certo non mi avresti trovato.
Ero tutt’uno tra materasso e lenzuolo, ero piccolo, magro e biondo, non potevi assolutamente scoprirmi e poi ero immobile e in silenzio e poi ero furbo, terribilmente furbo, almeno lo pensavo..
Tu arrivavi davanti alla porta della camera, mi chiamavi, sorridevi, facevi finta di cercarmi e ritornavi sconsolata, per non avermi trovato, nella tua stanza a lavorare tra mille fili e bottoni colorati oppure andavi in cucina e il suono di posate e stoviglie mi faceva già pregustare qualcosa di veramente buono.
Sorridevo felice perché ti avevo fregato anche quella volta, tu sorridevi felice perché anche ancora una volta me lo avevi fatto credere.
Già, mamma: oggi ero in quel letto e per un attimo, per un piccolo istante ero ancora il tuo bambino magro, piccolo e perennemente malaticcio, non ero grande, grosso e grasso come adesso e per un attimo non avevo gli anni che ho ma soprattutto in quell’attimo c’eri ancora tu e allora mi sono fatto piatto piatto e ho aspettato che tu mi venissi a cercare.
Tu ci sei sempre stata, dalla più piccola “bua” al male più grande e al dolore più forte e quindi ci dovevi essere anche oggi, come sempre.
Ho atteso un pochino in silenzio e poi di colpo ho tolto il lenzuolo e… ti ho vista sorridere, c’eri, eri lì, hai fatto finta di non vedermi e sei andata via, forse nella tua stanza a sistemarmi i pantaloni nuovi o forse in cucina a prepararmi qualcosa di buono.
Oggi ho pensato a questo e a quanto era bello sorridere anzi scoppiare a ridere ed essere certo, ancora una volta, di aver incontrato, con poco, la felicità.
Perderla, la felicità, è un errore grande del quale troppe volte ci si accorge quando non la si può più chiamare per nome.
Se la felicità ha un nome allora quel nome va urlato e quella bellezza, che solo una mamma ha, va ammirata con lo stupore degli occhi che ha Ciaula quando, quella notte, per la prima volta scopre la luna.
BVS ❤️
Andrea Spessotto

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