Splendido splendente

“Invitante, tagliente / splendido splendente / pa ra pa pa pa ra / pa ra ra pa pa pa ra / pa ra pa pa pa ra”

Da qualche giorno mi risuona in testa questa vecchissima canzone della Rettore, che ho scoperto essere stata scritta per denunciare ironicamente la crescente popolarità, in quegli anni, della chirurgia estetica. “Splendido splendente” è il “bisturi perfetto” che dà un volto nuovo a chi ricorre ai ritocchini, ma la mia ossessione per questo ritornello nasce dall’uso della figura etimologica: l’accostamento di due aggettivi accomunati dalla stessa radice ti entra in testa e non ne esce più.

“Splendido splendente / pa ra pa pa pa ra / pa ra ra pa pa pa ra / pa ra pa pa pa ra”

Che serva davvero un bisturi per emanare luce? Un recente motto, che è anche il titolo di un libro di Marco Polani, ci avverte: “Ricordati di splendere”. Splendere, cioè brillare, rifulgere, emanare intensa luminosità, non è cosa che può dipendere dal nostro aspetto fisico oggettivo. È manifestazione esteriore di qualcosa che rifulge dentro di noi e ci rende bellissimi agli occhi di chi ci guarda.
Avete mai fatto caso ai complimenti che ricevete quando siete felici? Magari avete i capelli arruffati e indossate la prima tuta trovata nell’armadio, eppure, gli altri vi vedono raggianti. Emanate bellezza, felicità. Nulla a che vedere con la perfezione estetica che molti inseguono per eliminare i difetti.
Che poi, a indagarne meglio l’etimologia, si scopre che il significato della parola “perfezione” non è così rincuorante: perfetto è qualcosa di completo, compiuto in tutte le sue parti. Letteralmente finito.
Nessuno di noi, nella vita, vuole sentirsi in questo modo. Anzi, l’aspetto più entusiasmante della nostra umanità è proprio l’essere in continuo divenire, pronti al cambiamento e quindi al miglioramento. È un percorso, quello dell’evoluzione, che non può dirsi mai concluso pienamente e che per qualcuno trascende addirittura il nostro passaggio qui, su questa terra.
Perciò sì, ricordiamoci di splendere, ma di luce propria.

Francesca Tamai

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