S’arruffano ribelli sulla mia fronte, s’infrangono, si gonfiano, s’affannano attorno a me.
Cerco di rivivere questo ricordo ogni volta che posso, è più forte di me.
Le auto d’oggi sono dotate di climatizzatore automatico, sono così asettiche e poco romantiche: silenziose, comode, con i vetri oscurati, il navigatore che ti avverte anche se un micio ti attraversa di colpo la strada. Ma una volta, una volta no. Erano chiassose, spartane, la cartina geografica che ti si ribellava tra le mani sotto i colpi d’aria di quel finestrino perennemente abbassato, come un cavallo imbizzarrito. Il condizionatore, quello era un optional per pochi. Il vento tra i capelli era il segno dell’estate, della libertà, dell’avventura.
Ricordo i viaggi verso il mare, con i finestrini spalancati, e noi che cercavamo avidamente il refrigerio di quel vento impetuoso che entrava di forza nella macchina.
L’autoradio a “palla”, gli occhiali da sole e la maglia quella “bella” per fare colpo.
Le chiacchierate sulla vita di giovani convinti di sapere già tutto. Si è sciocchi da giovani. No, non si è sciocchi. Si conosce poco la vita e per questo si è così attratti da essa, la si vuole vivere a “palla” come le canzoni dell’autoradio, che bisogna ricordarsi di estrarre una volta arrivati. Non si sa mai. Qualche cautela c’era sempre.
Ancora oggi, vado al mare con i finestrini abbassati, ho un piccolo trucco, accendo comunque il condizionatore al minimo se fa troppo caldo. Ma l’aria che mi sbatte sulla faccia, quella la voglio sentire ancora, la voglia di quella libertà c’è ancora, non mi abbandona mai.
Vida “Baudasch” Michele