L’avete cercato dappertutto: nei cassetti della cucina, nel mobile del salotto ereditato dalla prozia, tra gli scaffali dello studio. Non c’è.
In genere, quando le indagini arrivano a questo punto morto, esiste un solo luogo in cui continuare a cercare l’oggetto perduto: la soffitta. E allora, si aprano le porte del Paradiso (se siete nostalgici del passato)! O del Purgatorio (se pensate che la ricerca in quel luogo avrà un non so che di catartico e vi farà espiare gli errori commessi). O dell’Inferno (chissà cosa avete sepolto laggiù che non deve riemergere per nessuna ragione!).
Comunque la pensiate, varcare la soglia di una soffitta alla ricerca di qualcosa è l’inizio di un viaggio che non vi riporterà solo indietro nel tempo, ma attraverserà le emozioni della vostra vita e scaverà nel vostro io più profondo.
Immaginiamo che troviate un vecchio album di fotografie, il diario di scuola, il regalo di un amico o il poster di quell’attore per cui tutte avevano una cotta: sarà come rivivere degli attimi dimenticati, far riaffiorare dettagli persi nel tempo, a volte risentirne gli odori, come se foste ancora laggiù, dentro quel ricordo appena riemerso.
La memoria del cuore può essere uno strumento potentissimo e “ricordare” non vuol dire altro che “richiamare nel cuore”, rivivere le emozioni. A volte può far male, ma ci connette in modo straordinario a ciò che siamo stati e che siamo.
Insomma, alla fine in soffitta non avrete trovato quello che stavate cercando, ma avrete restituito qualcosa di prezioso a voi stessi.
Francesca Tamai