Ci sono imprevisti nella vita che ci fanno sentire con le spalle al muro: impegni, progetti, relazioni ed eventi sembrano lasciare posto ad un deserto soffocante. Cosa fare in questa arida cavità?
L’agenda è sempre piena, ogni appuntamento è calibrato minuziosamente per poi passare al successivo in perfetto orario. Non abbiamo portato a compimento un sogno che già sfiliamo dal cassetto il prossimo. Ma se la vita ci fermasse? Se un incidente, una malattia o un evento inatteso ci mettesse in pausa e ci costringesse all’immobilità, reale o figurata che sia? Molti di noi si sentirebbero bloccati, o forse braccati: il vuoto che si squarcia davanti a noi ci ha catturati e ci tiene il suo fiato sul collo, come il bracco con la preda succulenta.
Anche Eugenio Montale si lasciò terrorizzare da questa sensazione quando scrisse “Forse un mattino andando in un’aria di vetro,/arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:/il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro/di me,…”. Quel miracoloso evento, avere tanto tempo e nessun compito da portare a termine, ciò che spesso abbiamo desiderato ottenere, improvvisamente si rivela fastidioso: molto meglio l’accamparsi di alberi, case e colli che ingannano gli uomini che non si voltano e che continuano la vita di sempre, piuttosto che affrontare questo vuoto stringente. Non per niente il cibo sottovuoto è compresso in sacchetti di plastica senza via di fuga!
E se invece si trattasse di uno spazio impensato? Svuotare un armadio, traslocare in una casa vuota ma più grande, preparare una culla nuova: il vuoto che stiamo allestendo è solo lo spazio che stiamo facendo per qualcos’altro. Forse in questa pausa silenziosa, in questo deserto di incontri e relazioni possiamo allargare la breccia che ci porta a fare contatto con noi stessi. In questa fenditura scaviamo una cavità per ascoltarci: quando il vuoto ci sta davanti, è l’occasione giusta per fare spazio al nostro cammino. E tu dove vuoi andare?
Elisa Parise