“Non c’è nulla tra questi alberi, lo sa meglio di me, eppure il bisogno di tornare da quella bambina e dirle che ha ragione è più forte di ogni logica. Sente il bisogno di accontentarla. Sbaglio?”.
Tutti inizia da un sogno di una bambina, un sogno che diventa una pulce nell’orecchio del commissario Teresa Battaglia, che torna in questo romanzo per risolvere la sua terza indagine. Una voce quella di Chiara che riecheggia nella luce della notte tanto da non distinguere ciò che è vero da quello che non lo è, scuramente una richiesta d’aiuto, la sua che deve essere ascoltata. Per fortuna nella sua vita interviene Teresa, accompagnata da Massimo Marini, il suo braccio destro e l’intera squadra di polizia. L’ostinazione e il non lasciare niente intentato faranno emergere una terribile storia di una madre e suo figlio in fuga dai Balcani, dalla guerra civile e dalla paura. Un “cold case” che merita di essere riportato alla luce e di essere risolto.
Devo dire che ormai sono affezionata a questi personaggi e così appena uscito questo libro l’ho acquistato, la scrittura di Ilaria mi piace sempre molto e le sue storie non sono mai banali e soprattutto adoro il fatto che dietro ci sia sempre un racconto basato su fatti realmente accaduti. Ciò che la rende davvero particolare è la sua cura per i dettagli e la profonda ricerca celata nei suoi racconti. Se proprio devo fare qualche critica, forse mi è mancata un pochino di suspance, rispetto ai primi due libri e sinceramente non mi sembra un proseguo de “La Ninfa dormiente” ma piuttosto lo piazzerei in mezzo ai due romanzi. Non viene detto ma lo si percepisce nella lettura e quindi mi sentirei di consigliare di leggerlo subito dopo “I fiori sopra l’inferno”.
Punto sicuramente a favore dell’acquisto è che il ricavato andrà devoluto al Centro di riferimento oncologico (CRO) di Aviano.
“Quel che non viene portato alla luce del sole rimane nascosto, è invisibile, impalpabile come i sogni della bambina, ma non meno concreto: «sono qui perché se c’è qualcosa che non può ingannare è la paura”.
Eleonora Brun