Ricordo quando alcuni anni fa si usava la macchina fotografica, si sceglieva il rullino da 24 o 36 foto e poi si portava a sviluppare una volta finito.
Era quello il momento della verità, quello in cui ti dicevano che la maggior parte delle foto era venuta male, vuoi perché c’era il dito davanti all’obiettivo, vuoi perché avevi tagliato le teste delle persone manco fossi in un film horror, vuoi perché alcune erano sfuocate e non si capiva niente; alla fine tornavi a casa con la metà delle foto del rullino, se ti era andata bene. E non ci potevi fare niente, funzionava così, nessuna anteprima fino al gran finale. Poi sono arrivate le fotocamere digitali, una vera e propria rivoluzione. Che invenzione! C’era il display e si poteva vedere la foto dopo averla scattata, buttarla se era venuta male o salvarla nella memory card e decidere se stamparla o meno. Credo sia stato quello il momento in cui abbiamo smesso di stampare le foto, cominciato a visualizzarle sul pc e a conservarle in formato elettronico.
Senza più il limite del rullino le foto scattate sono diventate centinaia, con buona pace di quelle venute male, che finivano nel cestino con un clic, come le loro antenate, ma con meno sofferenza.
E’ stato in quel periodo che, guardando le foto sul monitor, ho iniziato a soffermarmi maggiormente su quelle imperfette, un po’ sfuocate, con il soggetto scentrato, con la luce sbagliata. Erano quelle a darmi più emozione, perché mi spingevano a guardare oltre, mettevano in risalto il secondo piano, l’orizzonte, i margini, i dettagli che altrimenti non avrei notato.
Da allora, usando per lo più la fotocamera del cellulare, presto particolare attenzione a quel tipo di scatti e mi accorgo che spesso mi ci ritrovo dentro.
La foto di un paesaggio in movimento scattata dal finestrino del treno, in cui tutto appare sfuocato e allungato, mi fa pensare alla frenesia della vita quotidiana, come un criceto che corre e corre nella sua ruota, sempre più veloce e quando si ferma capisce di non essere andato da nessuna parte, e rifletto su quanti particolari lasciati ai margini della mia corsa quotidiana mi sono persa, a cui non ho dato la giusta attenzione o non mi sono goduta appieno.
Perché tra due foto con lo stesso soggetto, una perfetta, l’altra completamente sfuocata, è la seconda ad attrarre sempre la mia attenzione? La prima è documentaristica, la seconda smuove emozioni assieme a mille pensieri che con la foto stessa non hanno attinenza, e penso a quando l’emozione è tale da offuscare la vista, lo sguardo si cristallizza e la mente è libera nei suoi voli pindarici, a quando gli occhi si riempiono di commozione trattenuta e il cristallino appanna le immagini, a quanto siano importanti i momenti sfuocati della nostra vita perché è lì che si cela il tutto.
Monia Rossi