“Ti piacerebbe partecipare ad una cena al buio?”
Detta così si potrebbe fraintendere, ma quando Alessandro, un mio amico non vedente, me lo chiese ne restai lusingata e colsi la palla al balzo per incalzare scherzando: “Tu mi vuoi portare a cena? Ma se non mi hai mai vista!!!” Ridemmo e accettai di partecipare ad un’esperienza indimenticabile.
La serata si teneva in un ristorante che conosco. Le regole erano chiare: niente cellulari e niente orologi con le lancette luminose o digitali.
Mi preparai elegante, lo feci per me e per il mio accompagnatore, consapevole che nessuno a quella cena mi avrebbe vista, con uno spirito diverso. Entrammo in una stanza completamente al buio, nessun minimo riflesso, nessuna ombra per orientarsi. A tentoni raggiungemmo il posto a tavola, come a tentoni capii come accomodarmi.
Tutto era nuovo e divertente, ma poi arrivò la parte difficile. Come versare l’acqua nel bicchiere e quando fermarsi? Come farsi passare il vino bianco? Improvvisamente caddi nello sconforto, provando una sensazione di smarrimento nel non vedere ciò che mi circondava, cosa i camerieri mettevano nel piatto, come individuare o tagliare le pietanze e nel non vedere i volti dei commensali sorridere soddisfatti.
Troppo spesso non capiamo la fortuna che abbiamo.
Marta Santin