La luce illumina una valigia al centro del palco di questo minuscolo teatro, una sedia alla sua destra.
La parete rosso mattone e verde petrolio, inusuale. Un’unica fila di proiettori sopra le nostre teste. Qualcuno non fa altro che lamentarsi che il dover star distanziati – causa lock down – non giova per niente alla già scarsa capienza della sala.
La sua voce ci infastidisce, noi così emozionate che non smettiamo di guardarci e sorridere. Forse, alla fine dello spettacolo, potremmo anche avere l’onore di incontrare il protagonista.
Le luci in sala si spengono e inizia così questa articolata narrazione di una delle pagine più tristi del 900 italiano, ma che nessuno conosce davvero perché a scuola a malapena si studia la seconda guerra mondiale.
Come ogni volta che vivo emozioni forti le lacrime mi salgono agli occhi. Questa storia la conosco, il mio papà me ne ha sempre parlato fino a farmi comprare il libro di Cristicchi. Cristicchi chi? Il cantante?? Quello di “Ti regalerò una rosa”? Sei sicuro papà?
L’ha letto in un solo giorno credo, contando che ne lavora più di metà in panificio; così curiosa, l’ho letto anch’io. E piango…
Ora sono qui, seduta, inchiodata a questa sedia mentre Simone trasporta rapidamente tutti dentro alla terribile storia di un popolo: il nostro! Un popolo che ha vissuto un’infamia incancellabile, ma che la storia fa fatica a ricordare.
Vorrei stringergli forte la mano ma una fila di poltrone ci separa. Sentirlo recitato toglie il fiato. Un popolo costretto alla fuga, all’abbandono della propria casa, della propria terra, del proprio nome.
ESODO: migrazione volontaria recita il vocabolario. Circa 300.000 persone nel 1947 abbandonarono l’Istria italiana; uomini, donne e bambini lasciarono tutto per sfuggire al regime comunista del comandante Tito.
Così una sera qualunque, a teatro, scopri una storia che non è inventata, ma che qualcuno ha voluto nascondere. Scopri che l’arte teatrale può insegnare una pagina di vita terribile. E, mentre sono seduta comoda sulla mia poltrona, per quanto stretta per una alta un metro e ottanta, mi sento una privilegiata: sono qui, coi miei amici, felice, al sicuro e mi vergogno quasi davanti alla mia ignoranza.
Gli applausi non smettono più. E quando mi trovo di fronte a Simone Cristicchi a malapena mi escono le parole. In mano il suo libro, quello del mio papà. Me lo fai un autografo? È l’unica frase che riesco a dire prima che mi scenda una lacrima.
Io e i miei colleghi di viaggio siamo stati fortunati! Nella finestra temporale di un fine estate complicato abbiamo avuto l’opportunità di andare a teatro e godere di questo spettacolo.
2020, anno difficile per tutti, per tutto. Il mondo del teatro e della musica ne risente. Simone come altri artisti s’inventano allora di continuare ad intrattenere il loro pubblico con spettacoli registrati e poi trasmessi in streaming o sulle pagine dei propri social al fine di continuare a far entrare il palcoscenico in una vita che ha messo a dura prova anche i nervi più saldi. Spettacoli per intrattenere, spettacoli per raccontare, per allietare mescolando storia, arte musica.
Marta Santin