Per quanto possa sembrare strano da dire, ci sono guerre ed armi in grado di fare del bene, ma partiamo dall’inizio.
Nei primi anni di questo nuovo millennio, schiacciati dal peso visivo dell’eccesso edilizio, oppressi dalla mala gestione territoriale e dal business dell’edificazione, qualcuno ha deciso di opporsi.
Ora, per come la vedo io, i piccoli atti di ribellione, progettati in maniera intelligente, sono una forma di protesta spesso più efficace di grandi manifestazioni le quali rischiano di perdersi in strumentalizzazioni finalizzate a soffocare il coinvolgimento a cui tanto si mirava.
Proprio con questa filosofia nasce il movimento del Guerrilla Gardening.
Il motto di questi combattenti green è molto semplice: trasformiamo il cemento in fiori.
Trattasi di una forma di giardinaggio praticata in terreni sui quali non si ha il diritto legale di coltivare, come terreni abbandonati, aree dismesse, proprietà private o cantieri dove prolificano colate cementizie senza limite.
Attivisti, giardinieri, persone comuni che semplicemente credono nella bellezza della natura, nella necessità di riappropriarsi del territorio e di trovare un equilibrio: invece di manifestare a suon di slogan, di cortei e di muri imbrattati, i guerriglieri del verde si occupano di coltivare e mantenere le aiuole spartitraffico, si occupano di coltivare piante laddove s’è aperta una crepa sul cemento, di ripristinare fioriere abbandonate e, in un momento di inaudita violenza, di avvolgere terriccio e semi d’erba in un pallotto di carta di giornale bagnata e lanciarlo lì dove i nuovi ecomostri stringono i confini della libertà.
Ruggero Vitali
Bellissima iniziativa! Ce ne vorrebbero di più così 🙂
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